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Libro del mese – Dicembre 2016

14 Dicembre 2016

INTERVISTA A GERMAN SAMPER

Com’è nata la sua passione verso l’architettura?

La mia passione per l’architettura è stata influenzata da due vicende fondamentali: la formazione presso l’università Nazionale di Bogotà, dove ho avuto la fortuna di avere come professori il tedesco Leopold Roter e l’italiano Bruno Violi, che molto ha costruito in Colombia, ma soprattutto la visita di Le Corbusier a Colombia nel 1947. Fu un episodio decisivo per la mia carriera visto che lo seguii a Parigi dove lavorai per due anni nel suo atelier, imparando il francese e l’arte del disegno perché fu proprio Le Corbusier a suggerirmi di usare la matita più che la macchina fotografica nei miei viaggi. Fu lui a dirmi “impara ad osservare e a disegnare ciò che vedi e così imparerai a progettare”, da quel momento non ho mai smesso di disegnare le città che avrei visitato.

Ci racconta un po’ la sua storia? Qual era il suo sogno da bambino?

Sono nato a Bogotà nel 1924 e a quel tempo la città era molto più piccola di adesso, aveva solo 500.000 abitanti e usavo la bicicletta per andare a scuola. A casa si respirava un’aria familiare, di grande armonia, ero il più grande di cinque figli e l’unico maschio, e fin da bambino mia mamma ci ha insegnato la passione per il canto e per la musica. Lei, da ragazza, aveva studiato pianoforte a Parigi grazie ai viaggi di mio nonno che era italiano e da lei come anche da uno zio, architetto e musicista, ho imparato ad apprezzare il ritmo e la profondità della musica che ha molto in comune con l’architettura perchè entrambe trovano compimento nel tempo e nel movimento che sono una quarta dimensione. Ma questo lo avrei capito più tardi anche perché da bambino avevo i sogni di qualsiasi bambino che immagina di fare mestieri affascinanti, come il pilota di aerei, o di indossare i panni dei personaggi dei fumetti e il mio preferito era Tarzan!

Ci racconta un po’ della sua passione per il disegno?

Credo che a chi si appresta a immortalarla con la macchina fotografica, l’architettura rivela i suoi momentanei chiaroscuri, un atto poetico ma superficiale. Invece a chi si dedica a riportarne le linee sulla carta, offre generosamente i segreti della sua struttura, la proporzione, l’armonia, la ricchezza e la sobrietà.
In quasi sessanta anni di viaggi ho collezionato oltre cinquemila disegni in cui non c’è solo l’immagine di un’architettura ma la profondità di uno spazio urbano, la sua storia, le persone che la abitano. Perché l’architettura e le città, in fondo, sono il frutto di azioni corali, di una società.
Con il pretesto di conoscere le architetture del mondo ho potuto conoscere posti “mitologici” come la Grecia, l’India, l’Egitto, il Giappone. Sono stato a Cuba e in quasi tutti i Paesi del continente americano, ho girato l’Europa in lungo e in largo. In occasione di una mia recente esposizione al MOMA ho avuto anche la fortuna di tornare a disegnare per le strade di New York, una delle oltre cento città che ho visitato e “fermato” sulla carte dei miei album.

Come è nato questo meraviglioso progetto editoriale?

Questa iniziativa nasce dalla mia famiglia, dalle mie nipoti che hanno visto nei miei disegni un potenziale interessante per il fenomeno dei Coloring Book. Queste guide rappresentano un modo di vedere e rivedere la città attraverso i miei disegni e sono grato di aver collaborato con loro per condividere un’architettura così bella come è quella di Firenze e di Venezia.

Quali città del mondo ha disegnato?

Nel 1961 ho avuto la fortuna di poter fare un giro del mondo, approfittando di un biglietto “aperto” che da Bogotà, mi ha portato, per tre mesi e mezzo, a fare diverse tappe, in Asia e America, là dove ritenevo ci fosse un’architettura caratteristica di ogni Paese. La prima tappa fu Puerto Rico, dove avevo una sorella e dove ho potuto conoscere le mura di cinta della città di San Juan. Poi mi fermai a San Francisco dove disegnai il Golden Gate e molti edifici moderni. Continuai in Giappone, prima Tokyo e poi Kyoto dove ho osservato una grande quantità di templi straordinari e dove l’uso del legno per pagode alte fino a 5 piani rendono il paesaggio affascinante. Quindi arrivai in India, a Calcutta, dove visitai il famoso tempio di Konarak e da lì presi poi il treno fino a Chandigarh dove vissi una delle esperienze più straordinarie, in quanto durante il mio lavoro allo studio di Le Corbusier avevo disegnato uno degli edifici della nuova città e vederlo in persona è stato molto emozionante.
Quindi mi spostai in Turchia, ad Istanbul, dove ho disegnato la Haiga Sofia e da lì sono arrivato in Grecia. Qui un amico mi portò alla mecca degli architetti, il Pantheon di Atene, dove, immergendomi in decine di disegni, mi calai in una sorta di dialogo con questa magica struttura che, probabilmente, è l’edificio più emblematico dell’architettura mondiale. Qui è nato un linguaggio di colonne, capitelli e decorazioni che sono nel DNA di qualsiasi costruzione.
Sono poi tornato a Parigi, città di cui conservo moltissimi disegni e dove ebbi modo di ricordare i miei due anni di soggiorno francese trascorsi insieme a mia moglie durante l’epoca che lavoravo per Le Corbusier. L’ultima tappa fu New York dove abbiamo visitato il Museo Gugenheim di Frank Loyd Right.
Questo fu uno dei viaggi più lunghi ed emozionanti ma conservo disegni di ogni viaggio e di ogni città del mondo che ho visitato.

Pensa che sia possibile produrre altri “coloring book” per queste città?

Sicuramente è fattibile perché i miei disegni sono fatti di linee, sono immagini in bianco e nero che altri possono “completare” usando i colori e dando spazio alla propria fantasia. Posso dire che i miei disegni sono “semplici” e possono essere usati come base per farne qualcosa di più mosso e colorato, penso siano adatti per rilassarsi con creatività.

Ha amato molto Venezia e Firenze?

Credo che Venezia offra una “lezione” impagabile ad ogni architetto: il fatto che non ci siano le macchine e la gente deve muoversi con le barche attraverso una rete di canali o a piedi, fa sì che uno si renda meglio conto di quanto sia fantastica una città fatta a misura d’uomo. Si tratta di una lezione di architettura e urbanismo, perché dimostra che sia possibile pensare a città dove sia l’uomo il protagonista e non la macchina.
A Firenze ho avuto modo di conoscere opere fantastiche ma quella che mi ha colpito di più fu il Corridoio Vasariano. Nel mio primo viaggio a Firenze, nel 1949, ebbi modo di studiare il Ponte Vecchio e comprendere la possibilità che un ponte fosse non solo abitabile ma anche un passaggio in quota per i Signori della città. Queso mix di architettura privata e pubblica diventò quasi una mia ossessione e disegnai oltre viste del Corridoio. Dall’incontro con questa particolare “macchina” architettonica ho iniziato a studiare le molteplici possibilità che hanno strutture del genere.

Qual è l’impressione che le hanno lasciato i tuoi viaggi in Italia?

L’Italia è uno dei Paesi al mondo con la miglior architettura del passato. Si tratta di una scuola a cielo aperto dove osservare la varietà degli stili nel tempo, dai templi greci di Siracusa alle costruzioni del primo Novecento passando per le meravigliose creazioni del gotico, del Rinascimento, del Barocco. E’ una tale concentrazione di qualità architettonica e opere d’arte che non può non affascinarti.

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