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Libro del mese – Gennaio 2018

18 Gennaio 2018

Intervista all’autore

 

Un volume che si inserisce nel filone dei molti e autorevoli studi relativi alla storia politica del nostro Paese in un periodo, fra XIX e XX secolo appunto, apportando però qualcosa di innovativo, di cosa si tratta? Quali sono le nuove tendenze storiografiche?
La storia politica sull’Italia del XIX e XX secolo si è molto rinnovata nell’arco degli ultimi due-tre decenni. Essa si è aperta alla contaminazione con altre discipline come l’antropologia, la psicologia, la semiotica, la storia dell’arte e della letteratura. L’attenzione degli storici si è spostata dalle vicende più strettamente politiche (i grandi avvenimenti, i partiti, le elezioni, i governi, le ideologie) per concentrarsi su altri aspetti: i simboli, i riti, le emozioni, le memorie, le forme e i modelli di comunicazione dei messaggi politici. Dalla storia politica tout-court si è passati a una storia culturale della politica, sensibile a questi nuovo linguaggi, incuriosita da nuove fonti come quelle iconografiche e letterarie.

“Sentimenti, memorie e politica” questi i temi evidenziati nel sottotitolo particolarmente evocativo, che rimanda a quella che spesso viene definita come «svolta affettiva», a che cosa si riferisce?

All’interno del cambiamento nell’approccio alla storia politica a cui ho appena fatto cenno uno spazio crescente è stato conquistato dall’interesse per le emozioni, per i sentimenti. Si è finalmente riconosciuto che le emozioni e i sentimenti, insieme ai fattori economici e sociali, giocano spesso un ruolo decisivo in grandi avvenimenti storici. E oggi molti studi, soprattutto all’estero, si occupano di questi temi, al punto che qualcuno ha parlato di «svolta affettiva». Naturalmente questa dimensione va intesa in senso molto lato. Nel libro, per esempio, io dedico un capitolo al culto dei martiri per la libertà, che ebbe un ruolo decisivo nell’alimentare il sentimento patriottico degli italiani durante il Risorgimento e spinse molti giovani e meno giovani a imbracciare le armi e ad andare incontro alla morte per conquistare l’unità e l’indipendenza della nazione. Una nazione che non conoscevano, che per molti di loro non significava nulla, finché il sacrificio dei primi caduti fu elaborato in chiave letteraria e iconografica come «martirio per la libertà» (si pensi al famoso libro di Atto Vannucci) e diventò patrimonio simbolico di più generazioni.

C’è spazio, in questo suo libro, che raccoglie e rielabora diversi saggi, anche per un approfondimento sul ruolo femminile?

Certo, le donne sono le grandi protagoniste dei primi due capitoli, dove cerco di ricostruire nel lungo arco di tempo che va dal primo Ottocento all’inizio del Novecento, il rapporto fra amore e politica. E dove si vede che le donne ebbero un ruolo nel Risorgimento niente affatto marginale. Amore romantico e amore patriottico andarono spesso a braccetto, alcuni famosi patrioti non avrebbero compiuto le loro scelte se non avessero avuto al loro fianco donne volitive, consapevoli, politicamente impegnate. Emblematico è il caso di Carlo Pisacane, che avrebbe fatto forse una brillante carriera di ufficiale nell’esercito borbonico se non fosse fuggito da Napoli per amore di Enrichetta De Lorenzo, che per lui lasciò l’anziano marito e tre figli in tenera età. Ma anche quello di Emilia Peruzzi, che con il suo salotto fiorentino esercitò un ruolo politico persino maggiore di quello del marito Ubaldino, che pure fu sindaco di Firenze, ministro e deputato di lungo corso. Chiudo il secondo capitolo parlando di amore e politica fra Otto e Novecento, trattando i casi di alcune coppie di sinistra: democratiche, socialiste, anarchiche. Facendo vedere come questi legami affettivi contribuirono a far entrare le tematiche emancipazioniste nell’agenda politica di alcuni esponenti della sinistra (Alberto Mario, Agostino Bertani, Andrea Costa, Filippo Turati), ma anche come fosse difficile, talvolta, conciliare gli ideali progressisti con una visione moderna della famiglia e del rapporto di coppia.

Una curiosità sull’immagine di copertina, perché ha scelto proprio questo quadro?

Anzitutto perché sembrava davvero fatta apposta per sintetizzare i contenuti del libro. È un quadro di Girolamo Induno dipinto nel 1862, l’anno del tragico episodio di Aspromonte conclusosi con il ferimento di Garibaldi (alla memoria di questa vicenda è dedicato l’ultimo capitolo del volume). Il quadro s’intitola Triste presentimento, e vi si vede una giovane donna intenta a leggere un biglietto, latore forse di cattive notizie sul suo amato. È la stanza di una donna di forti sentimenti patriottici, sulla parete alle sue spalle c’è un piccolo busto di Garibaldi e poi la riproduzione litografica del celebre quadro di Hayez Il bacio, un’immagine diventata iconica, simbolo appunto della combinazione fra amore patriottico e amore romantico. E poi è un’illustrazione davvero bella e spero che qualcuno sia attratto e incuriosito anche dalla veste estetica del libro. Io credo che un libro debba essere anche un oggetto bello, con una grafica curata, ben cucito, confezionato con una buona carta. E i volumi di questa collana mi sembra che abbiano tali caratteristiche.

Che senso – e quale scopo – può avere, in questo particolare momento storico, sociale, politico, volgere lo sguardo al Risorgimento e ai temi da lei trattati nel suo libro?

Nel libro ci s’interroga sulle origini della nostra identità nazionale, su come essa è stata costruita nella prima metà dell’Ottocento da giovani uomini e donne che hanno abbandonato le loro case per combattere per la libertà e l’indipendenza dell’Italia, su come essa è stata poi coltivata dalle generazioni successive, con quali simboli, con quali memorie. C’è un capitolo dedicato al culto di Dante, uno sugli scienziati sepolti in santa Croce in cui si cerca di dar conto del ruolo che ha avuto la tradizione scientifica nel plasmare la nostra idea di nazione. Credo che tornare a riflettere oggi su queste pagine della nostra storia possa essere utile e interessante, anche come antidoto alle spinte centrifughe e alle tensioni disgregative che caratterizzano la nostra epoca. E poi perché in questo libro, come in altri usciti in tempi recenti, si cerca di rileggere il Risorgimento e l’Ottocento in modo nuovo rispetto a come siamo stati abituati a farlo sui libri di scuola. In modo meno noioso, spero.

Oltre che Autore di questa pubblicazione Lei è anche direttore, insieme a Massimo Baioni, di questa interessante e prolifica collana, vuole raccontarci qualcosa dei volumi usciti e svelarci anche i progetti futuri?

In effetti la collana si sta rivelando davvero prolifica, ben oltre le nostre aspettative. Dopo il mio libro, sul finire del 2017, ne sono usciti altri tre. Uno di Maria Paiano su Benedetto XV, uno curato da Luciano Cheles e Alessandro Giacone sui ritratti del potere e sulle immagini della politica in Italia e in Francia nel Novecento, uno infine su manicomi e psichiatria sempre nel Novecento, a cura di Massimo Baioni e Marika Setaro. E prima un bel libro di Alessandro Volpi su musica e politica dal Risorgimento al Sessantotto (lo presenteremo al Gabinetto Vieusseux di Firenze il prossimo 30 gennaio), uno di Maurizio Ridolfi sulla Public History, un tema oggi di grande interesse, e uno infine dell’amico Massimo Baioni sulle declinazioni del patriottismo nel XX secolo. Già in bozze, come libro di apertura del 2018, ne abbiamo uno su Malta e sulla costruzione della nazione in questa piccola isola del Mediterraneo. E in cantiere tanti altri progetti, con un bel mix di autori giovani e di studiosi affermati.

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