Ricerche Storiche 1-2020

Anno L, numero 1, gennaio-aprile 2020
Autarchia e multinazionali. Casi di imprese estere del settore chimico in Italia durante il Fascismo

Marco Bertilorenzi (a cura di)

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Informazioni tecniche

ISBN
978-88-6995-753-6
Caratteristiche
2020 • 17x24 cm • 224 pagine • brossura
ISSN
0392-162X

Descrizione

«Nelle ricostruzioni storiche sull’economia italiana durante il periodo fascista, il ruolo svolto dalle imprese multinazionali è spesso sottovalutato, nonostante il rapporto tra industria e fascismo sia stato un campo di indagine molto florido per la storiografia meno recente e successiva.

Seguendo l’idea classica di Alexander Gerschenkron a proposito dello Stato come fattore decisivo per l’industrializzazione italiana, la storiografia italiana ha indentificato nei poteri pubblici una delle leve principali delle politiche economiche fasciste, sia come “imprenditore”, attraverso la creazione di una serie di imprese pubbliche, come l’IRI, che sopravvisse alla fine del regime, sia come creatore di strutture burocratico-organizzative che inquadravano l’agire dell’impresa privata, come ad esempio il corporativismo, i consorzi volontari o obbligatori, e gli enti autarchici per il controllo degli scambi con l’estero e degli investimenti industriali.

Per quanto riguarda l’impresa privata, è stato dibattuto il ruolo che le istituzioni hanno avuto nello sviluppare un fenomeno di concentrazione industriale durante il ventennio, che finì per favorire la crescita e lo sviluppo di alcuni gruppi industriali in un contesto fortemente oligopolistico. Come scrisse Gualerni, “Il Governo favorì ed incrementò il processo di concentrazione industriale, ritenendolo elemento indispensabile al raggiungimento di uno stadio di avanzata industrializzazione”. Nel quadro della storia dell’impresa, sicuramente una delle più belle analisi, quella di Franco Bonelli sulla Terni, ha sostanzialmente confermato la visione secondo cui lo Stato fu il fattore determinante del processo di industrializzazione italiana e della grande industria.

Franco Amatori ha successivamente ampliato questa visione, evidenziato come nelle relazioni tra potere politico e gruppi industriali è prevalsa la vocazione profondamente opportunistica del regime fascista. Amatori ha proposto un’interpretazione basata su una logica di do ut des tra poteri pubblici e imprese, che mostrava come la partecipazione delle grandi imprese all’economia fascista fosse legata più ad opportunità che a adesioni ideologiche.

Luciano Segreto ha invece mostrato l’alternarsi tra fasi di “luna di miele” tra grandi imprese e regime, come quella del primo fascismo (1922-1925) e dell’autarchia (1935-1939), e fasi di crisi, come gli sviluppi di quota 90 (1926) e la fase iniziale dell’intervento statale diretto in economia (1933-1934)…».

Marco Bertilorenzi – Università di Padova

 

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