Semicerchio LXII (1-2020) – Rivista di poesia comparata

Pietro Tripodo e la traduzione dei classici

Niccolò Scaffai (a cura di)

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Informazioni tecniche

ISBN
978-88-6995-781-9
Caratteristiche
2020 • 20x27 cm • 112 pagine • brossura
ISSN
1123-4075
Collana

Descrizione

«Sono molti e importanti i poeti del Novecento italiano che hanno composto un quaderno di traduzioni, tra le forme-libro più rappresentative nell’ambito della lirica contemporanea. Per contro, sono pochi gli autori che hanno costruito quasi per intero la loro opera creativa intorno alla traduzione come ‘figura’, cioè come restituzione della voce dei modelli e insieme come espressione viva e originale della propria poetica.

Tra questi autori spicca Pietro Tripodo (Roma, 1948-1999), i cui testi – come ha scritto Raffaele Manica – “sembravano essere attratti da un punto antecedente come da una calamita: Orazio e Shakespeare non smisero mai di fargli luce, va bene. I poeti del bilinguismo italianolatino, e Pascoli, erano tra i suoi prediletti”. Ora, queste letture non sono i semplici riferimenti di un poeta erudito, ma le istanze con le quali la scrittura si confronta per alimentare una singolare energia espressiva, mai semplicemente delegata ai modelli, anche quando questi sono i poeti più importanti della tradizione antica, medievale e moderna: Callimaco, Catullo, Orazio, Arnaut Daniel, Trakl, George, Valéry e gli altri che Tripodo ha tradotto, curato o su cui ha scritto saggi e interventi.

Sono rifacimenti o appropriazioni, quelli di Tripodo, mai solo traduzioni. Sono tutti “suoi”, ha osservato ancora Manica, anche i libri che ha curato e tradotto; del resto, come testimonia la postuma raccolta Altre visioni, il confine tra il fare (poiein) e il ri-fare non è solo debole, ma è anche irrilevante per l’interpretazione della sua opera.

Il poeta romano, collaboratore di riviste come “Prato pagano”, “Nuovi Argomenti”, “La Taverna di Auerbach”, “Anticomoderno”, è oggi parte di quel canone insigne e mobile (o forse insigne perché mobile) del secondo Novecento, i cui esponenti, se non raggiungono per ragioni estrinseche lo statuto di ‘classico’ presso il pubblico largo, abitano tuttavia sul terreno d’elezione della critica e dei lettori più consapevoli.

Pietro Tripodo vive ora in quel territorio, in cui l’autore da persona diventa anche personaggio che trascende l’esistenza storica e la ‘traduce’ in un altro significato. Nel caso di Tripodo, questo significato è la poesia stessa, quale presenza costante e ‘imperdonabile’ che attraversa i giorni e gli anni, persistente e sfuggente come la presenza degli scomparsi…»

Niccolò Scaffai

 

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